Sogno di una notte di mezzo inverno

Camminava a piedi nudi con le dita dei piedi avvinghiate al muschio per non scivolare. Era comparsa con la luna piena tra le bocche dei geyser, con le nuvole di vapore a scaldarle il corpo nudo e piagato in quella notte gelida così lontana dal giorno. Non era sporca di sangue e liquido amniotico ma di terra, humus e filamenti di radici: a partorirla era stata la terra. Così dissero.
Che fosse vittima di una tratta di donne destinate alla prostituzione, fuggita da un porto lì vicino, come cercarono di stabilire le autorità, alla fine, non importò a nessuno.

Per tutti divenne Proserpina.

Proserpina, sfuggita agli Inferi, ad Ade che aveva voluto con protervia il suo giovane corpo.

Hannah udì le grida di terrore che echeggiavano nelle caverne e cercò di svegliarsi in cerca di ossigeno. Ma era inutile lottare: si raggomitolò nel letto e ricadde nel limbo

Anno domini 2029.

Flora, la Primavera

No. Anno zero. Sì, anno zero. Venne deciso che si sarebbe ricominciato a contare l’incedere dell’umanità dal 2029. Anno zero. L’avvento non era più il 25 dicembre in una mangiatoia ma il 21 marzo in una landa incontaminata. Dopo la furia delle tempeste, lo sbottare dei vulcani, il tremore della terra, l’innalzarsi dei mari, l’umanità dilagante era in ginocchio. E Proserpina aveva portato la primavera.
Non aveva importanza che il 21 marzo 2029 non fosse il suo compleanno, quale fosse il grembo che l’avesse partorita, chissà dove, chissà come. Tutti, umili e potenti, piegarono il capo dinanzi a lei.
Proserpina, come doveva averle insegnato la madre, offrì semi a chi le dava cibo, donò talee a chi l’accoglieva, mise radici per ancorare la terra per poi incedere verso il sole con fiori di campo tra le braccia.

Hannah era distesa di traverso sul letto, immersa in un sonno di aurore boreali, mentre la prima luce dell’alba le sfiorava il cuscino.

Proserpina fu la primavera del mondo.

Dopo l’era glaciale degli uomini lei, donna, era venuta a guidare il pianeta attraverso l’era del surriscaldamento, che in fondo aveva già forgiato, come il susseguirsi della notte e del giorno, quell’essere vivente chiamato Terra. Tracce di organismi marini, come già in un lontano passato, sarebbero rimasti impressi nelle rocce dei più alti picchi montani, in un futuro remoto.
In fondo chi sapeva dire quale era stato il punto più caldo prima che si compisse il giro di boa verso una nuova glaciazione? Esistevano forse delle estati e degli inverni, a noi imperscrutabili, degli universi o delle galassie?

Hannah udì in lontananza il trillo della sveglia: non c’era più tempo.

Le apostole di Proserpina

si moltiplicarono per il mondo, di porta in porta, di post in post, di madre in figlia. Il tetto di cristallo del patriarcato fu infranto dalla spina di una rosa. Le donne guidarono l’umanità secondo principi madrilineari, terralineari.

Niente più tratte di donne o di materie prime. Niente più stupri di corpi e di terre.
Ciò che andava bene per delle bambine, andava bene per il mondo.
E la prossima glaciazione divenne un pensiero remoto.

Hannah si arrese e spense la sveglia: le 8 del 17 febbraio 2029.
Fuori il tempo era grigio. Sì alzò e bevve il caffè: al tg l’ultimo femminicidio, il solito politico arrestato, la stima dei morti dopo il crollo del ponte, l’appello dei terremotati.
Con una leggera ansia, senza aspettare la prima cliente, Hannah interpretò le sue rune, interrogò più volte i tarocchi, controllò la congiuntura astrale: gli auspici erano propizi.
Proserpina non era stata solo un sogno.

Racconto di Laura De Benedetti
Immagine: dipinto di Paola De Benedetti
Ogni diritto è riservato


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